Linee guida sull’utilizzo del cookie, termine scaduto e siti non a norma

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Per l’autorità austriaca Google Analytics è illegale

In seguito ad alcune denunce presentate dall’organizzazione NOYB fondata dall’avvocato e attivistsa austriaco Maximilian Schrems, l’autorità austriaca per la protezione dei dati ha dichiarato illegale l’uso di Google Analytics in quanto viola il GDPR. Secondo l’autorità austriaca, i siti che utilizzano Google Analytics tramite questo servizio esportano dati personali dei loro visitatori negli Stati Uniti, e questi dati possono essere resi noti alle autorità in un quadro normativo (quello statunitense) non compatibile con quello europeo, come è emerso anche nel caso della decisione sull’annullamento del “Privacy Shield” nel 2020. Quali implicazioni pratiche possa avere questa decisione è difficile dirlo al momento ma, dato che NYOB ha presentato 101 segnalazioni in diversi paesi europei è probabile che altre decisioni simili arrivino nei prossimi giorni. In questa ottica potrebbero essere dichiarati illeciti molti trattamenti di dati personali che rientrano nell’ambito di applicazione del GDPR effettuati tramite cloud provider americani e non è pensabile sostituire tutti questi servizi con altri simili forniti da aziende che operano esclusivamente sul territorio europeo o equivalente in termini di garanzie “privacy”. L’unica soluzione sembrerebbe essere un nuovo e più “robusto” accordo tra UE e Stati Uniti, nel frattempo una percentuale enorme di organizzazioni pubbliche e private è, almeno in teoria, esposta a rischi di non conformità.

La fine del “Privacy Shield” tra USA e UE

La Corte di Giustizia UE ha invalidato il “Privacy Shield”, l’accordo alla base della legittimità di una buona parte dei trasferimenti di dati personali tra Europa e USA. In linea teorica il trasferimento dei dati personali verso gli USA basato sulla adesione (volontaria) delle imprese americane al Privacy Shield (qui l’elenco) oggi non vale, ad esempio molti servizi cloud forniti dalle grandi compagnie del settore non sarebbero più legittimati ad utilizzare data center extra UE. È probabile che venga cercata una soluzione temporanea per legittimare tali trasferimenti, resta da capire quale disposizione sostituirà l’accordo appena annullato e in quali termini. La vicenda nasce dalle conseguenze delle azioni intraprese da Maximilian Shrems, un legale austriaco il quale ancora studente scrisse una tesi sulle carenze di conformità dei trattamenti dati effettuati da Facebook in relazione alle normative privacy europee ed in seguito avviò un’azione legale contro i trasferimenti di dati che Facebook effettuava dall’Irlanda agli Stati Uniti contestandone la legittimità.

(fonte: dirittobancario.it)